Può la realtà aumentata aiutare anche a ridurre le distanze tra le persone? Può questa tecnologia creare nuove modalità di comunicazione in grado di trasmettere contenuti che abbiano un grande valore affettivo? C’è chi ha pensato di sì.
Il designer inglese Joshua Barnes, da tempo interessato alle possibili intersezioni tra esperienze digitali e mondo degli oggetti fisici, ha ideato un’originalissima applicazione della realtà aumentata per aiutare i bambini costretti a lunghe permanenze in ospedale a non sentire troppo la mancanza dei loro cari. Sarebbero in particolare i piccoli con meno di 5 anni a soffrire la separazione dalla famiglia imposta dal ricovero.
Il progetto consiste nell’applicare la tecnologia a una morbida e colorata trapunta formata da venti quadrati che rappresentano altrettanti animali o piante: per i bambini, ognuna di queste immagini può fungere da elemento di collegamento con un familiare o un amico, il quale, grazie ad un’applicazione prodotta da Aurasma, può aggiungere contenuti in realtà aumentata (foto, video, parole) visualizzabili tramite un dispositivo smart che riconosce le figure. I soggetti, realizzati con l’illustratore Morgan Faverty, sono stati scelti da Barnes in quanto universalmente comprensibili e adatti sia a maschi che a femmine.
Quest’idea è una di quelle che meglio esprimono il valore dello stretto legame che la realtà aumentata istituisce tra contenuti digitali e oggetti reali. In questo caso, infatti, la sensazione di sicurezza e conforto è data proprio dal fatto di poter toccare un oggetto morbido, gradevole al tatto, da poter tenere con sé in qualsiasi momento, come, appunto, una bambola o un giocattolo. L’applicazione riesce poi a trasformare questo oggetto, già carico di un grande valore affettivo, in un mezzo che consente a genitori e bambini di comunicare a distanza tramite l’aggiunta di contenuti personalizzati.
La realtà aumentata trasforma dunque un oggetto dal grande valore affettivo in un mezzo di comunicazione significativo e personale.